Mille anni di Ucraina
di Gian Paolo Romagnani*
Dall’Alto Medioevo. Il Regno dei Cazari
Il Regno dei Variaghi ed il Rus di Kiev
L’Ucraina e Kiev: una grande realtà commerciale
Kiev: una città di frontiera
Le spartizioni dell’Ucraina tra il XIV ed il XVIII secolo
Dalle spartizioni, il senso di identità nazionale
I drammi di Leopoli e della Crimea
La Crimea sovietica e, dal 1954, ucraina
La guerra civile ucraina, la carestia del ’21- ’22, la dekulakizzazione
La collettivizzazione forzata della terra, la deportazione degli ebrei, la filonazista Legione Ucraina
1991: la dissoluzione dell’Impero e la dichiarazione di indipendenza
1999: Vladimir Putin
2004- 2007: dal filorusso Janukovic al filoccidentale Juščenko alla filo-se-stessa Tymošenko
2014-19: la rivolta di Majdan, il separatismo del Donbass e il presidente Porošenko
2019: Volodymyr Zelens’kyj
Se le radici della crisi attuale risalgono al crollo dell’Unione Sovietica, l’origine profonda della tragedia ucraina ha più di mille anni. Oggi l’Ucraina è il più vasto paese dell’Europa, per estensione, ma la sua storia millenaria è una delle più complesse del vecchio continente ed è piuttosto difficile da interpretare usando le nostre usurate e spesso superficiali categorie politiche. Ancora più difficile è scindere nettamente bianco e nero, nero e rosso, comunismo e fascismo, nazionalismo e imperialismo.
Da storico serio ho provato in questi giorni a farmene un idea, con l’umiltà del non specialista, ma con la consapevolezza che i ferri del mestiere vanno usati correttamente. Le informazioni e le fonti (anche quelle giornalistiche) vanno sempre verificate, le notizie ponderate, gli schemi ideologici abbandonati. Se è vero che la storia è la scienza del contesto i contesti vanno ricostruiti nella maniera più completa possibile. Da quando vogliamo partire?
Dalla colonizzazione greca della Crimea (kersonesos) o dalla successiva colonizzazione romana della Taurica e del Ponto Eusino? O dalle successive ondate migratorie che investono la Sarmatia dal V secolo? Ostrogoti, Visigoti, Unni…
Dall’Alto Medioevo. Il Regno dei Cazari
Proviamo a partire dall’alto medioevo, quando, tra il VII e il X secolo, una parte delle terre corrispondenti all’attuale Ucraina vengono a comporre il Regno dei Cazari, popolo seminomade di origine turca mischiato con elementi iranici, slavi e gotici. Nel Novecento lo scrittore ebreo Arthur Koestler ha ipotizzato che il giudaismo fosse la religione prevalente dei Cazari, sostenendo che gli ebrei Ashkenaziti siano in realtà i discendenti dei Cazari che abbandonarono le loro terre a causa delle devastazioni Mongole, rifugiandosi nell’Europa orientale. Sarebbe questa La Tredicesima Tribù di Israele di cui parla Koestler in un affascinante libro del 1976; tesi ripresa e revisionata nel 2008 dallo storico israeliano Shlomo Sand.
Il Regno dei Variaghi ed il Rus di Kiev
Disgregatosi tra il IX e il X secolo il Regno dei Cazari, vediamo sorgere negli stessi territori, ma soprattutto nelle regioni occidentali, un nuovo Regno, risultato, questa volta, della colonizzazione di popolazioni scandinave: i Variaghi. Dalla colonizzazione delle prime popolazioni scandinave deriva alla fine del IX secolo la formazione del Rus di Kiev, un grande regno esteso dal Volga al Danubio e dal Baltico al Mar Nero, da cui solo successivamente nascerà il principato di Moscovia. Il primo nucleo di quella che poi sarà la Russia è quindi l’Ucraina abitata da un popolo non slavo, ma sangue misto slavo-scandinavo. Kiev è dunque una capitale ben più antica di Mosca (per non parlare di San Pietroburgo). Come in molte altre realtà europee dell’alto medioevo, inizialmente si costituisce l’élite di guerrieri e mercanti scandinavi, mentre gli slavi, sottomessi, si dedicano ai lavori agricoli. Successivamente scandinavi e slavi si integrano dando vita ad un grande regno con una spiccata vocazione commerciale.
L’Ucraina e Kiev: una grande realtà commerciale
L’Ucraina occidentale, attraversata dal Dnjepr, è stata infatti per molti secoli una delle principali vie commerciali d’Europa, in grado di collegare il mar Baltico con il mar Nero, Danzica con Costantinopoli; il mondo scandinavo con l’impero bizantino. Lungo il fiume si trasportavano infatti le merci più pregiate: da sud a nord grano e cera, da nord a sud pellicce, zanne di tricheco, grano, oltre agli schiavi, per lo più slavi della Bielorussia venduti nei mercati di Costantinopoli.
Alla fine del X secolo il monarca del Rus di Kiev, Vladimir I, si converte alla religione cristiana di rito greco sposando la sorella dell’imperatore bizantino Basilio II. La città di Kiev, in contatto con i mercati di Anversa, Parigi, Venezia e Firenze, diviene così un importante centro commerciale aperto all’Europa, inserito prima nel Principato di Cernigov, poi nel Granducato di Lituania, infine nel grande Regno di Polonia.
Kiev: una città di frontiera
A lungo Kiev – contesa fra Russia e Polonia – è stata una città di frontiera, non solo fra stati, ma tra religioni, gruppi linguistici e civiltà diverse; fra Mitteleuropa, Russia, Impero ottomano; con presenze di cattolici, protestanti, uniati, ortodossi, ebrei, musulmani.
A oriente di Kiev e del Dnjepr e lungo le coste del mar Nero e del mar Caspio si estende invece, nel medioevo, lo sconfinato Regno dei Tartari, popolazioni nomadi di origine mongola che con Gengis Khan raggiungono il culmine della potenza dando vita prima al potente Canato dell’Orda d’Oro e poi al Canato di Crimea, alleato all’Impero Ottomano e a più riprese invaso dai russi e annesso, a fine Settecento, all’impero zarista. I territori fra il Dnjepr, il Don e il mar Caspio, a loro volta, sono stati patria delle popolazioni nomadi cosacche, liberi guerrieri refrattari ad ogni sottomissione, di cui si ricorda la sanguinosa rivolta del 1773 animata da Pugacev (inizialmente spacciatosi per lo spodestato zar Pietro III) e stroncata da Caterina II.
Le spartizioni dell’Ucraina tra il XIV ed il XVIII secolo
Tra il XIV e il XVIII secolo i territori dell’attuale Ucraina sono a più riprese spartiti a ovest fra Granducato di Lituania (che inglobava parte della Polonia), poi Confederazione polacco-lituana (1386), infine Regno di Polonia (a maggioranza cattolica), mentre le terre orientali passano sotto il dominio del Granducato poi Principato di Moscovia, poi Impero Russo (di religione cristiano ortodossa). A sud le coste del Mar Nero e la Crimea sono lambite e dal 1520 interamente circondate dall’Impero ottomano (a maggioranza musulmana).
Ricordiamo qualche data: nel 1699 il nuovo re di Polonia Augusto II di Sassonia, imposto alla Dieta polacca dalle grandi potenze confinanti Austria, Prussia e Russia per porre fine all’anarchia nobiliare, riconquista la Podolia e parte dell’Ucraina. Le successive tre spartizioni della Polonia ad opera di Austria, Prussia e Russia (1772, 1791 e 1795) che portano per oltre un secolo alla scomparsa di questo grande regno dalla carta geo-politica d’Europa, coinvolgono direttamente l’Ucraina che viene smembrata una prima volta nel 1772, con il passaggio della Galizia e di Leopoli all’Austria, mentre Kiev era già stata annessa alla Russia nel 1676; una seconda volta nel 1791, con l’annessione della Volinia e della Podolia alla Russia.
Dalle spartizioni, il senso di identità nazionale
Spartita fra Polonia, Austria e Russia, l’Ucraina sviluppa di conseguenza un forte senso di identità nazionale, animato dal risentimento nei confronti dei potenti vicini, che è all’origine dei conflitti attuali. Dopo l’annessione alla Russia, l’Ucraina è oggetto per circa due secoli di una dura politica di russificazione che vede sopprimere l’uso della lingua ucraina nella stampa e in pubblico e imporre un ripopolamento da parte dei russi.
Esemplarmente drammatiche, fra Sette e Novecento, sono le vicende di due regioni di frontiera come la Galizia a ovest e la Crimea a est.
I drammi di Leopoli
La città polacca di Leopoli è un importante centro commerciale e culturale della Galizia e fin dal medioevo sede di una numerosa comunità ebraica. Dopo aver fatto parte per secoli del Regno di Polonia, in seguito alla spartizione del 1772, è annessa all’Austria per essere restituita alla Polonia solo nel 1919. Successivamente occupata nel 1939 dai sovietici, che ne deportano gran parte della popolazione, poi invasa dai nazisti fra il 1941 e 1944 con nuove deportazioni di polacchi e soprattutto di ebrei. Annessa all’Ucraina sovietica nel 1945, viene ripopolata da russi ed ucraini generando ulteriori risentimenti etnici.
I drammi della Crimea
Ugualmente tormentata è la storia della Crimea, occupata da Goti, Unni, Cazari, Bizantini e Mongoli, colonizzata nel medioevo da veneziani e genovesi, che vi costruiscono le loro fortificazioni, quindi inglobata nel Khanato di Crimea e infine annessa alla Russia nel 1784, sebbene la maggioranza della popolazione fosse di stirpe tartara. Descritta come tranquilla stazione climatica dagli scrittori russi dell’Ottocento, fra il 1853 e il 1856 la Crimea è teatro di un conflitto internazionale provocato dall’espansionismo russo, nel quale è coinvolto anche il Regno di Sardegna di Vittorio Emanuele II e che consente a Cavour di stringere un’alleanza strategica con Francia e Inghilterra, schieratesi con la Turchia contro la Russia.
La Crimea sovietica e, dal 1954, ucraina
Con la rivoluzione sovietica la Crimea si proclama autonoma e fra il 1917 e il 1920 è investita dalla guerra civile antibolscevica. Inglobata nell’URSS, fra 1941 e 1944 subisce prima l’invasione nazista – in occasione della quale si costituisce la Wolgatatarische Legion (Legione Tatara del Volga) che combatte a fianco della Wermacht contro i russi – e poi la deportazione – ordinata da Stalin – delle minoranze tartara, cecena, armena e greca. A partire dal maggio 1944, con l’ingresso dell’Armata Rossa in Crimea, l’intera popolazione tartara venne deportata con la forza per punizione. Si stima che quasi la metà dei deportati siano morti per fame e malattie. A Yalta, in Crimea, si tiene la conferenza internazionale che nel febbraio 1945 vede i capi dei tre principali paesi alleati (Roosevelt, Churchill e Stalin) disegnare il futuro assetto dell’Europa e spartirsi le aree di influenza, in vista della conclusione della guerra. A lungo, nella seconda metà del Novecento, la Crimea è stato luogo di villeggiatura privilegiato della nomenclatura sovietica (anche Palmiro Togliatti è morto in Crimea), progressivamente ripopolata – o meglio colonizzata – dai veterani dell’Armata Rossa e del KGB, insediativi secondo una pratica già in uso nell’Impero romano. Ricordiamo che solo nel febbraio 1954 la Crimea è stata annessa alla Repubblica Socialista Ucraina, per volere del leader sovietico Nikita Chruščёv, nato Ucraina, in occasione del 300º anniversario del trattato di Perejaslav tra i cosacchi ucraini e la Russia.
La guerra civile ucraina, la carestia del ’21- ’22, la dekulakizzazione
Nel complesso il XX secolo ha visto ulteriormente acuirsi il dramma dell’Ucraina. Dal 1917, in seguito alla rivoluzione russa, i suoi territori sono teatro di una lunga e sanguinosa guerra civile che vede contrapposti prima la Russia e l’Austria e poi da un lato la Repubblica popolare ucraina, filosovietica, e dall’altro lato la Repubblica Nazionale dell’Ucraina Occidentale, proclamata nel 1918, antisovietica e sostenuta dall’esercito “bianco” controrivoluzionario, ma schiacciata nel sangue e definitivamente annessa all’URSS nel 1922, mentre la Galizia e la Volinia vengono staccate e annesse alla Polonia.
Tra il 1921 e il 1922, mentre ancora imperversa la guerra civile, l’Ucraina è colpita da una terribile carestia (la prima di una serie di tre che si verificheranno ancora nel 1932-33 e nel 1946) dagli esiti devastanti. I morti per fame sono probabilmente cinque milioni e il regime sovietico non riesce a farvi fronte, o più probabilmente non interviene di proposito cogliendo l’occasione per “dekulakizzare” l’Ucraina, ossia per eliminare totalmente la piccola e media proprietà contadina che si opponeva alla collettivizzazione dell’agricoltura. Con la carestia gli episodi di cannibalismo si moltiplicano. Lo scrittore Maxim Gorkij pubblica nel 1921 un appello agli intellettuali di tutto il mondo richiamando l’attenzione sul dramma dell’Ucraina e sul pericolo di vita corso da migliaia di persone in seguito ai cattivi raccolti e alla quasi desertificazione delle terre arabili della Crimea. La Croce rossa internazionale interviene costituendo una commissione che inizia a raccogliere notizie sugli effetti devastanti della guerra e della carestia. Come ha messo in evidenza recentemente lo storico Stefano Pivato è in questo momento e a partire da reali episodi di cannibalismo, provocati dalla fame fra i contadini dell’Ucraina, che si crea la leggenda dei “russi che mangiano i bambini”, poi trasformatasi in quella dei “comunisti che mangiano i bambini”. Salvo il fatto che non si trattava di comunisti, né di russi, ma semmai di ucraini vittime del comunismo di guerra.
La collettivizzazione forzata della terra, la deportazione degli ebrei, la filonazista Legione Ucraina
Come se non bastasse tra la fine degli anni venti e gli anni trenta il regime staliniano impone la collettivizzazione forzata della terra deportando e sterminando i kulaki (i contadini medi e medio-ricchi) e iniziando a deportare anche gli ebrei. È in questo contesto che, fra il 1939 e il 1944, si costituisce una Legione Ucraina che sostiene gli invasori tedeschi contro i sovietici. Principale animatore del Battaglione Nachtigall, che con il battaglione Roland, formava la Legione Ucraina inglobata nell’esercito tedesco, è il nazionalista ucraino Stepan Bandera – il cui nome ricorre spesso nelle cronache di questi giorni – già condannato a morte nel 1934 per l’assassinio del ministro degli Interni polacco, liberato dai tedeschi nel 1939 e nel 1941 nominato governatore di una effimera Repubblica Ucraina autonoma proclamata a Leopoli all’insaputa dei tedeschi e per questo arrestato e deportato dai nazisti. Bandera sarebbe rimasto in Germania fino alla fine della guerra e sarebbe morto nel 1959 assassinato da un sicario sovietico.
1991: la dissoluzione dell’Impero e la dichiarazione di indipendenza
Dissoltosi l’Impero sovietico tra il 1989 e il 1991, l’Ucraina proclama la propria indipendenza nel 1991, staccandosi dalla Federazione Russa. Nel 1991 il partito comunista ucraino viene dichiarato fuorilegge. Il 24 agosto 1991 il Parlamento ucraino dichiara l’indipendenza e convoca le prime elezioni democratiche della storia dell’Ucraina: il 1º dicembre 1991 il popolo ucraino elegge il suo primo presidente: Leonid Kravčuk, sostituito poi nel 1994 dal filo-russo Leonid Kučma, rieletto nel 1999.
1999: Vladimir Putin
A partire dal 1999, con l’ascesa al potere di Vladimir Putin, la pressione della Russia sull’Ucraina si sempre più forte. Nel 2000 a Kiev si forma un governo riformista presieduto dall’economista Viktor Juščenko, subito accusato di essere al servizio degli USA; nel 2002 diventa primo ministro il filorusso Viktor Janukovyč, eletto presidente della repubblica nel 2004, ma non proclamato in seguito alla cosiddetta “rivoluzione arancione” e all’intervento della Corte Suprema che annulla le elezioni per brogli.
2004- 2007: dal filorusso Janukovic al filoccidentale Juščenko alla filo-se-stessa Tymošenko
Le nuove elezioni presidenziali del dicembre 2004 vedono nuovamente vincitore Juščenko, sostenuto dall’Europa e dagli USA e avversato da Putin che per ritorsione aumenta il prezzo del gas fornito dalla Russia all’Ucraina. Da una crisi di governo all’altra si giunge alle elezioni parlamentari del 2007 quando viene nominata primo ministro Julija Tymošenko, spregiudicata donna d’affari che si presenta come icona dell’indipendenza nazionale ucraina, pur trattando sottobanco con Putin per favorire la propria impresa nella fornitura del gas. Battuta alle elezioni presidenziali del 2010 dal filorusso Janukovyč, nel 2011 sarà accusata, processata e condannata a sette anni di carcere per malversazione di fondi pubblici a favore della Gazprom.
2014-19: la rivolta di Majdan, il separatismo del Donbass e il presidente Porošenko
Nel 2014 l’Ucraina è scossa da una rivolta popolare che porta alle dimissioni di Janukovyč e alla liberazione della Tymošenko, che si presenta alle elezioni presidenziali, ma è battuta dall’imprenditore del cioccolato Petro Porošenko, al potere dal 2014 al 2019, a sua volta accusato di essersi arricchito aumentando il proprio patrimonio di 400 milioni di dollari tra il 2012 e il 2020, mentre il paese sprofondava nella crisi economica. Mentre la capitale Kiev è in rivolta, il 6 aprile 2014 le tre regioni orientali di Donec’k, Luhans’k e Charkiv, abitate a maggioranza da popolazione russofona, si proclamano indipendenti dando vita ad un moto indipendentista sostenuto dalla Russia. L’11 maggio 2014 un referendum conferma l’indipendenza e proclama la federazione tra le repubbliche separatiste nello “Stato Federale della Nuova Russia”.
2019: Volodymyr Zelens’kyj
Nel 2019 viene eletto presidente, con il 75% dei suffragi, l’attore Volodymyr Zelens’kyj, di origine ebraica, che si presenta come paladino dell’anticorruzione. Tra il 2020 e il 2021 le minacce russe contro l’Ucraina si fanno più pressanti. Putin vuole impedire l’adesione del paese all’Unione Europea dichiarando che un’eventuale adesione dell’Ucraina alla NATO rappresenterebbe una minaccia per la Russia. Il 24 febbraio 2022 la Russia di Putin attacca l’Ucraina, considerata parte della Russia, dichiarando di voler procedere ad “un’operazione militare speciale di denazificazione dell’Ucraina”. Il resto del dramma è cronaca quotidiana …
*Il prof. Gian Paolo Romagnani è docente ordinario di Storia moderna presso l’Università di Verona