SAVE OLTRE SAVE. Il problema non sta nel socio privato, ma nei soci pubblici, troppo incerti nelle strategie
Comunicato stampa relativo al dibattito di martedì 16 novembre “Vizi privati e pubbliche virtù. Le prospettive dell’Aeroporto Catullo tra politica e mercato”
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Fulvio Cavalleri
Avvocato, già Presidente dell’Aeroporto Valerio Catullo e già Vice presidente Vicario di Assoaeroporti
Gian Pietro Dal Moro
Deputato del Partito Democratico
Massimo Ferro
Senatore di Forza Italia, già Presidente dell’Aeroporto Valerio Catullo e di Assoaeroporti
Nicola Fiorini
Presidente Istituto Adam Smith Verona
Roberto Ricciuti
Docente di Politica economica, Univr
Stefano Valdegamberi
Consigliere regionale Lista Zaia
Conduce
Alberto Battaggia
Presidente de La città che sale
Alla fine, nel partecipato dibattito sull’ Aeroporto Catullo di martedì scorso, “Vizi privati e pubbliche virtù. Le prospettive dell’aeroporto Catullo tra politica e mercato”, promosso da La città che sale, si è avuta l’impressione che il sottotitolo alla Favola delle api di Bernard de Mandeville andasse invertito, per alludere alle travagliatissime, pluriennali, vicende gestionali del nostro Aeroporto: pubblici i vizi e private le virtù.
“Il problema, gravissimo, di queste vicende, non sta nel socio privato, che persegue i suoi interessi imprenditoriali, ma nei Soci pubblici, a partire da quello principale, la Camera di Commercio di Verona, che hanno abdicato al loro ruolo. Non si sono mai fatti valere”. Così Nicola Fiorini, noto professionista veronese, sui rapporti di governance interni al Catullo. Ma c’è di più: “L’esempio più eclatante? I patti parasociali del 2014 prevedevano che l’amministratore delegato fosse indipendente dal socio privato. Risultato? Questo ruolo è oggi svolto dalla stessa persona al Catullo e a SAVE. Il controllore è stato catturato dal controllato, senza che nessuno obiettasse nulla, né i politici, né la stampa”!
Il quadro aeroportuale italiano ed il Catullo
Ma facciamo ordine. Il dibattito, condotto attraverso una serie di domande del presidente de La città che sale Alberto Battaggia, e iniziato con Fulvio Cavalleri, già presidente del Catullo e, da vicario, di di Assoaerporti, che ha illustrato la situazione generale dei 44 aeroporti italiani alla luce della crisi pandemica: “Nel 2019 il Catullo era al 16mo posto, con 3,6 milioni di passeggeri. Nel 2020 un dramma: il 98% dei dipendenti per vari mesi in Cassa integrazione, 2 miliardi di perdite di fatturato…un disastro. Ora c’è ripresa, ma lentissima”! Le difficoltà sono venute dal crollo dei voli business, compensato dalla diffusione dello smart working; da quello dei voli intercontinentali, per motivi sanitari; e dai timori diffusisi in generale sui rischi di contagio negli aerei. In questo quadro, come si posiziona attualmente il Catullo? “All’inizio – ha spiegato prof. Roberto Ricciuti, docente di Politica economica nella nostra Università: – SAVE voleva unire a Venezia e Treviso anche Trieste e Lubiana in un grande polo aeroportuale. Poi ha aggiunto solo Verona” . Ma attorno a Verona la concorrenza è fortissima: “Abbiamo due convitati di pietra: – ha continuato Ricciuti – Bergamo e Venezia hanno destinazioni in tutto il mondo; e quest’ultima avrà presto l’Alta velocità”.
Il giudizio su SAVE
Accanto a questa situazione obiettiva, l’azione di SAVE a Verona. Come giudicarla? “Quando nel 2014 la società di Marchi entrò nel Catullo – ha osservato Stefano Valdegamberi, consigliere regionale per Zaia – , tutti acclamarono entusiasti: io lamentai l’opacità delle modalità di ingresso, senza bandire una gara; e i pericoli della subalternità a Venezia. I risultati degli anni successivi mi hanno dato ragione”. Ma furono solo i politici a sbagliare? “No – ha spiegato Valdegamberi – anche le categorie economiche non si resero conto di quello che stava accadendo”. Era possibile che le cose andassero diversamente? Davvero SAVE ha sacrificato Verona per la Serenissima? “In passato, una partita che abbiamo perso si chiama Ryan Air – ha sottolineato il senatore Massimo Ferro, già presidente del Catullo anni fa – che tra Brescia e Bergamo scelse quest’ultima. Lì abbiamo perso una chance e dobbiamo chiederci perché”. E SAVE? “Ha salvato l’aeroporto dal fallimento – ha sottolineato Ferro – non dimentichiamolo. Dopodiché un imprenditore ragiona come tale. E non dimentichiamo che Verona non può, commercialmente, essere messa sullo stesso piano di Venezia, che gioca un’altra partita”.
Una gara internazionale: quella mancata e quella da fare
Altro punto dolente, la mancata gara internazionale che secondo taluni impedì ad altri player del mercato aeroportuale di proporsi per investire nel Catullo: “Non è vero, dati alla mano, che il Catullo è stato salvato da SAVE – ha ribattuto l’onorevole Gian Pietro Dal Moro – né che la pandemia ci abbia danneggiato più di altri: anche negli anni precedenti crescevamo molto più lentamente. D’altra parte, dei 66 milioni di investimenti promessi da SAVE allora, quanti ne sono arrivati, finora? Zero”. E la gara mancata? “Non si vende la propria azienda al principale concorrente! – ha continuato Dal Moro – Allora altri investitori internazionali erano interessatissimi al Catullo. E lo sarebbero ancora. Marchi ha fatto benissimo il suo lavoro, nel suo interesse, subordinando il Catullo al Marco Polo”. Come fronteggiare la situazione? “Ci sono responsabilità precise, rispetto a questa situazione in chi ha governato la città e l’aeroporto. Sono molto preoccupato – ha concluso Dal Moro – perché dopo sette anni siamo ancora in una fase di grande incertezza. Occorre trovare il sistema di cambiare radicalmente gli equilibri all’interno della società”.
Dal pubblico
Molto interessanti anche gli interventi dal pubblico.
L’avvocato Andrea Sartori, già consulente dal 2012 del Catullo, ha sottolineato, assistito da dati e tabelle, come “si sbagliò allora a non andare sul mercato e come esistano anche oggi soggetti interessati sul mercato disposti ad investire centinaia di milioni. SAVE invece ha scelto di sacrificare Verona per Treviso, dove ora andrà Air France; e Venezia, dove apriranno le basi operative Ryan Air e Swiss Air e, forse, Volotea”. L’Avvocato Sartori ha suggerito che sia Fondazione Cariverona, grazie alla sua forza economica, a favorire l’ingresso di nuovi investitori nella infrastruttura veronese.
Marco Wallner, Coordinatore di Azione Verona, ha ricordato come “Verona sia al centro di un comprensorio industriale notevolissimo e quindi in grado di reggere un aeroporto sicuramente più importante di quello attuale. Ma la città deve smettere di avere paura del mercato: penso anche alla mancata fusione di Agsm con A2A”.
Maurizio Facincani, segretario provinciale del Partito Democratico, ha invitato “a ragionare non solo sull’aeroporto che vogliamo, ma a tutte le nostre grandi infrastrutture, dalla Fiera ad Agsm, che abbisognano di chiare strategie di sviluppo”.
Sono interessato ad avere le credenziali per partecipare all’evento. Comm. Dott. Maurizio Pedrini giornalista. email: direttore@veronacomunica.it
Non voglio apparire colui che critica per partito preso ma, come mi attendevo (e avevo detto), il resoconto di questo dibattito mostra che ne sono emerse alcune informazioni stra-note, alcune banalità, alcune posizioni solo politiche e ben poco tecnicamente informate sul tema.
Nessuna assunzione di responsabilità, perché nessuno è stato chiamato a rispondere delle proprie scelte sbagliate, qualche inutile e discutibile presa di distanza, nessuna vera proposta articolata e corredata da numeri, obiettivi, tempi e modalità attuative, totale assenza di un’analisi oggettiva basata sui dati fondamentali del sistema aeroportuale (salvo una excusatio non petita che ha chiamato in causa la pandemia)
In realtà, alcuni intervenuti hanno anche fornito dei dati, a sostegno delle loro argomentazioni, ad esempio l’avv. Fulvio Cavalleri e l’avv. Andrea Sartori, che ha addirittura illustrato una serie di slides. In un comunicato stampa non è possibile riportare anche queste informazioni. Il dibattito ha avuto una natura sostanzialmente politica sia perché di questo ci occupiamo istituzionalmente (non siamo un’istituzione accademica o professionale); sia perché la maggioranza che detiene la proprietà del Catullo è fatta di soci pubblici che rispondono, direttamente o indirettamente, al mondo politico. Non credo che le vicende del Catullo siano così note, né così banali: vuoi il controverso giudizio sull’operato di SAVE; vuoi la denuncia della incompatibilità statutaria dell’attuale amministratore delegato. Un indice indiretto della non banalità di questi temi si ricava, secondo me in ragione inversamente proporzionale, dall’attenzione dedicata al dibattito dalle testate principali della città.
Dell’interessante dibattito, svolto in una fase di scarsa riflessione politica medio-alta, anche se in parte afflitta dalla situazione covid, mi colpisce e mi compiace il rilevante ruolo avuto da “La città che sale” nel sollevare il problema dell’aeroporto, cruciale nello sviluppo turistico ed economico dell’intero territorio veronese. Silvio Pontani, già direttore della rivista “Europa Vicina” e associato a “La città che sale”.