Orizzonte mondo. Scenari della logistica veronese.
12 maggio 2021. Dibattito-webinar
Quadrante Europa, tutto bene. Ma il territorio manca di politica
Gli scenari internazionali della logistica. La via della seta e l’Italia. Il Quadrante Europa, eccellenza veronese. Il contributo a sostenibilità ambientale e mobilità. Un decennio per decarbonizzare. Le prospettive della Marangona. Troppo deboli Regione e Comune nella pianificazione territoriale.
Roberto Ricciuti
Docente di Politica economica, Univr
Ivan Russo
Docente di Economia e gestione delle imprese, Univr
Silvano Stellini
Presidente ITS Fondazione Academy Last
Ha condotto
Alberto Battaggia,
Presidente de La città che sale
Sull’orizzonte del mondo, il settore della logistica è in rapidissima evoluzione: le grandi strategie della Cina e degli Usa; la via della seta; e la rete transeuropea di trasporto Ten-T; le scelte dei grandi operatori pubblici e privati e la crisi innescata dal Covid; le impellenti esigenze ambientali e le previsioni della ripresa; le catene logistiche multimodali efficienti e la decarbonizzazione…Un quadro di straordinaria complessità ed, assieme, un banco di prova cruciale, per gli attori pubblici e privati, a tutti i livelli, per le prospettive di crescita economica in un quadro di sostenibilità.
Con questo scenari farà i conti anche l’Interporto Quadrante Europa: due milioni e mezzo di metri quadri che diverranno presto quattro; 26 milioni di tonnellate di merci movimentate all’anno, dei quali 7 su ferro; 120 aziende; 13 mila addetti; primo in Italia per volumi di traffico combinato; intermodalità e logistica ad alto livello;
riconosciuto come il migliore a livello europeo: una infrastruttura di eccellenza veronese oggi chiamata a nuove ed impegnative sfide.
Si sono confrontati su questi temi, mercoledì 12 maggio, Roberto Ricciuti, Docente di Politica economica presso la nostra Università; Ivan Russo, docente di Economia e gestione delle imprese, sempre in Univr; Silvano Stellini, Presidente della ITS Fondazione Academy Last, che hanno risposto alle domande del presidente de “La città che sale” Alberto Battaggia. Tra i partecipanti al dibattito, i segretari, rispettivamente, provinciale e cittadino del Partito Democratico Maurizio Facincani e Luigi Ugoli e il consigliere del Direttivo Zai Giandomenico Allegri.
Che cosa dobbiamo intendere oggi, per “logistica”?
Ivan Russo. La pandemia ha messo in luce quanto la logistica sia essenziale per un Paese. Dal cibo ai servizi sanitari ci siamo resi conto quanto siano fondamentali. La logistica in realtà non è solo trasporto, ma rendere disponibile un prodotto al consumo. Dietro di esso ci sono fabbriche, magazzini, trasporti, materie prime…che spesso vengono dall’altra parte del mondo. E che deve funzionare dalla produzione al’ultimo miglio. E poi gli interporti, che sono aggregatori di merci. Il 10 per cento degli occupati lavorano, direttamente o indirettamente, per il settore logistico. Un settore che si è trasformato, in questi anni, e che va coniugato con l’informatica, con la sostenibilità, con la mobilità…in un movimento che sta creando nuovi profili professionali, nuove competenze. Pensiamo alla logistica dell’ “ultimo miglio”, all’e-commerce… Se un tempo si combatteva per avere territori, ora le aree geopolitiche si confrontano per controllare le grandi catene di fornitura…
All’inizio fu il container…: prima della telematica, di Amazon, dei corridoi europei multimodali, del WTO…: è così, prof. Ricciuti?
Sì, la rivoluzione, negli anni Sessanta, venne da questo contenitore, che riuscì, in un colpo solo, ad abbassare drasticamente i costi di trasporto, permettere l’intermodalità, globalizzare il commercio. Il mercato mondiale nasce, innanzitutto, così. Dopo 60 anni, la logistica è diventata il settore nevralgico dell’economia mondiale.
E’ possibile tratteggiare, in estrema sintesi, le grandi logiche di evoluzione della logistica a livello internazionale? (Brexit, rapporti Usa Cina – UE..
La Brexit ha comportato un crollo delle esportazioni inglesi e creato una situazione molto delicata tra Gran Bretagna e Irlanda: ora il confine è sul mare, a Belfast. Succede così che il territorio britannico dell’Irlanda del Nord partecipi di fatto, con il resto dell’Irlanda, all’unione doganale e al mercato europeo. I cittadini inglesi che la abitano temono che questa situazione possa portare fatalmente all’unificazione anche politica con la Repubblica D’Irlanda. Un bel pasticcio, vedremo. All’obiettivo indebolimento della compagine europea, ha fatto da contralto il crescente protagonismo cinese, con la via della Seta, un progetto lanciato alcuni anni fa, che intende collegare la Cina con tutta l’Asia, l’Africa e l’Europa. In Europa ha iniziato a controllare alcuni porti: il Pireo, Bilbao, Valencia…è interessata a Trieste.. Il governo cinese si è mosso pragmaticamente, finanziando grandi strutture presso gli stati, delle quali si è in qualche caso impossessato, vista la inadempienza dei creditori: è il caso dello Shri-Lanka e, qui in Europa, del Montenegro, che ha chiesto aiuto alla UE senza ottenerlo. Si apre quindi una fase assai delicata, nella quale l’Europa dovrà elaborare una politica adeguata a questi nuovi grandi problemi, se vorrà avere un ruolo.
Come si concretizzano le scelte europee in tema di logistica? Cosa sono i grandi corridoi multimodali, la la Rete Ten-T?
Silvano Stellini. I corridoi sono attualmente nove e dovrebbero governare i trasporti stradali, marittimi, ferroviari ed aerei. Dovrebbero essere completati entro i 2030. L’obiettivo è quello di ridurre il traffico stradale a favore dei treni e delle navi. Va fatta una sottolineatura: in una rete, quello che conta per davvero, al di là dei collegamenti, sono i “nodi”. I territori si qualificano per l’efficienza dei nodi e la qualità dell’economia circostante, data da una densità significativa di imprese manifatturiere e di consumatori. E’ questa la doppia condizione che permette di sviluppare la logistica distributiva. In Italia, per esempio, abbiamo al Nord tante imprese e tanti consumatori; al Centro-Sud tanti consumatori ma poche imprese. Infatti, se consideriamo i corridoi che riguardano l’Italia, i due assi Nord Sud , il Reno – Alpi; e lo Scandinavo-Mediterraneo, realizzano da soli il 93 per cento del traffico intermodale. L’intermodalità si fa sul’asse Milano-Genova e su quello Scandinavia – Brennero. Quindi non facciamoci abbagliare solo dalle infrastrutture, ma guardiamo all’efficienza dei nodi.
L’altra prova del nove, a proposito di strategie, porti, gigantismo, è quella dei mercati reali. Nel mare Mediterraneo gira il 25 per cento del traffico merci mondiali: quello europeo è un formidabile mercato. Tuttavia, ben poco del traffico che esce dal Canale di Suez passa per l’Italia: quest’ultimo è aumentato negli ultimi dieci anni del 43 per cento, mentre quello in transito nei nostri porti è rimasto invariato. Anche per problemi tecnici: il canale di Suez è profondo 20 metri. L’unico porto italiano con queste caratteristiche è Gioia Tauro, che però non fa intermodalità, ma smista su navi più piccole quello che arriva. Il gigantismo non fa per l’Italia, che ha bisogno di altre logiche, per crescere. In questo senso non bisogna illudersi con i sogni cinesi…
Entriamo ora nel Quadrante Europa: come si colloca rispetto a queste logiche? Al pubblico arrivano notizie non facili da interpretare: penso alla destinazione dell’ultima area libera della “Marangona”, ma anche all’area interportuale che si vorrebbe costruire a Isola della Scala…
Silvano Stellini. Noi parliamo di 28 milioni di tonnellate di merce all’anno dei quali 8 ferroviari e 20 stradali: pur essendo Verona, assieme a Milano, le uniche aree dove si produce intermodalità in Italia. Quadrante Europa è il principale hub sul corridoio scandinavo-mediterraneo: un’area di eccellenza. Il nostro non è un sistema pubblico chiuso, ma pubblico-privato aperto, che comprende 140 imprese, ci sono spedizionieri, vettori, 8 aziende ferroviarie…un sistema che opera in regime di concorrenza. Non c’è un player più importante che governi la struttura. Consorzio Zai pensa a creare infrastrutture, ad orientarle; e se un’azienda fallisce, può essere sostituita solo da un’altra azienda di settore. Non c’è consumo di suolo, nella nostra area. Chi investe qui lo fa in un’area vocata, che può solo riprodursi come tale.
Poi vi è il contributo allo sviluppo economico cittadino: per gli investimenti che si continuano a fare e che saranno fatti anche nell’area ora libera della “Marangona”, richiestissima dagli operatori. Nel giro di 5 anni, per il nuovo terminale ferroviario, saranno investiti 70 milioni di euro che produrranno posti di lavoro.
L’altra chiave qualificante del Quadrante Europa è la sostenibilità. Quegli 8 milioni di tonnellate su ferrovia permette un notevole sgravio di emissioni. Il Quadrante, ha a Nord Est la Stazione di Porta Nuova e la Fiera; a Sud-Ovest l’Aeroporto e in mezzo il triangolo della Marangona: parallelamente a due dei suoi tre lati della Marangona, corrono le ferrovie Verona-Mantova e l’altra è la Verona-Legnago. La Marangona può dare un contributo decisivo anche alla mobilità cittadina.
Infine, il costituendo interporto di Isola della Scala. Non saprei. E’ una struttura privata dell’ Autobrennero. Bisognerebbe capirne gli obiettivi. Può avere un senso se crescesse l’intermodalità, che per ora cresca molto lentamente. Va osservato che quel progetto nasce nel 2003 e tale è ancora. Non mi sembra un tema molto importante, attualmente.
Ivan Russo. Vorrei aggiungere un’osservazione: credo che dobbiamo avere una concezione ampia di “territorio”. I vari attori che ruotano attorno alla logistica sono diversi: gli imprenditori, i fornitori di servizi, l’università che forma…essi operano per un’area che non si ferma a Isola della Scala rispetto al Quadrante Europa; è Verona nel suo insieme che va messa in relazione con altri nodi europei, Rotterdam, Amburgo… Gli attori scaligeri dovrebbero collaborare per rendere attrattivo questo territorio rispetto ad interessi ed investimenti che ragionano su scala europea: mettendo a disposizione servizi, risorse umane preparate, soluzioni amministrative e servizi doganali efficienti… Sono queste caratteristiche che orientano le decisioni di investimento.
Parliamo di sostenibilità ambientale
Ivan Russo. Il treno cresce poco, come diceva Stellini. Non segue il modello di business delle aziende perché è rigido. Il container va riempito, per essere economicamente utilizzato. I modelli di consumo vanno dalla parte opposta della sostenibilità ambientale: si pensi all’ e-commerce, che è centrato su un servizio che fa arrivare le merci alla casa degli impazienti clienti in un giorno…Il prossimo decennio, tuttavia, dovrebbe essere quello della decarbonizzazione, imponendo dei vincoli che costringano gli operatori a cambiare soluzioni organizzative; ma bisogna abituare anche i consumatori ad accettarle. L’innovazione in logistica sta lì: ogni azienda che dipende dalla logistica deve assolutamente affrontare l’obiettivo della decarbonizzazione. Il paradigma della “economia circolare” implica tutta una serie di iniziative e responsabilità, per il settore della logistica. Fra qualche anno le normative europee diverranno molto severe, a proposito.
Un’ultima questione vorrei porvi: cosa prevede il PNRR per la logistica?
Roberto Ricciuti. Nel PNRR il tema della logistica rientra molto spesso, specialmente nella “missione 3”, dedicata a “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”. 27 miliardi per l’Alta Velocità e la “Strade sicure”; per l'”intermodalità” e la “logistica integrata” sono previste minori risorse, in tutto quasi 4 miliardi. All’interno di questi grandi aggregati vi sono diverse destinazioni specifiche interessanti; tra esse, quelle per la digitalizzazione; per lo sviluppo del Mezzogiorno (zone speciali); per le aree agricole.
Dibattito
Grazie a tutti voi. Ora raccogliamo alcuni interventi. Pier Alfonso Iacono chiede un aggiornamento sulle “autostrade del mare”, in relazione alla Via della Seta e sulle possibilità legate alla tecnologia dell’idrogeno in chiave ambientale; mentre Marcello Veronesi chiede come riuscire ad evitare il trasferimento dei centri direzionali in altre città, come ha fatto Bmw per MIlano. Ivan Russo: “Anch’io credo che la Via della Seta tocchi marginalmente il nostro Paese. Sulla Bmw, credo che certe scelte di grandi multinazionali siano difficili da condizionare. Verona deve cercare di valorizzare i vantaggi competitivi dove li ha, nell’agroalimentare, nel turismo. Sull’idrogeno mi limito ad osservare che è una fonte energetica ancora molto complicata, tecnicamente, da gestire: specialmente dalle aziende italiane che sono spesso di limitate dimensioni. Invece noto come manchi completamente a Verona un progetto di “Urban o City logistics”, ossia una piattaforma che permetta di regolare le entrate e le uscite delle merci. A Padova c’è. E’ un progetto che si può realizzare solo se sorretto da un investimento pubblico ed uno privato e che migliorerebbe la qualità della vita dei cittadini. Silvano Stellini. Su questo manca totalmente la percezione che il problema dell’ultimo miglio non è più risolvibile sul piano fisico (treno-furgone-bicicletta), ma su quello digitale, in chiave di smart city, in modo da razionalizzare le consegne (piazzole libere, piazzole dedicate, piazzole per diversamente abili, ad esempio) grazie a strumenti in dotazione sulle vetture e i cellulari. Siamo molto indietro, a Verona, su questo. Ad esempio non c’è a Verona un sistema organico di segnalazioni dinamiche sui parcheggi, il traffico…. Alberto Battaggia. Smart City: chi dovrebbe promuovere un progetto del genere, per il quale occorrono competenze scientifiche, risorse economiche e volontà politiche, qui a Verona? Quali attori: il Comune, l’Università, il Consorzio Zai stesso…? Ivan Russo. Il soggetto che dovrebbe promuovere un progetto del genere è il Comune, se non altro perché possiede tutte le informazioni e dispone del player della logistica, con il Consorzio Zai; quello dell’energia, con Agsm; i player delle soste e dei rifiuti con Amt e con Amia.
Giandomenico Allegri (membro del Consiglio direttivo del Consorzio Zai, ndr). Il Consorzio potrebbe senz’altro appoggiare un progetto del genere. La prima fibra ottica cittadina è stata la nostra. Siamo per natura portati al’innovazione e quindi pronti a collaborare con gli altri attori, a partire da quelli pubblici, anche per un progetto di Smart City. In questi anni ci siamo posti due obiettivi: rendere disponibile un terminale da 750 – 1000 metri per essere pronti quando sarà completato il tunnel del Brennero, così da mantenere la nostra leadership europea; l’altro, fare partire anche l’area della Marangona, che attendeva da venti anni la valorizzazione e che è oggi oggetto dell’interesse di una ventina di aziende. Credo poi che la pandemia ci abbia costretto a ripensare alcune modalità di azione della logistica. . Luigi Ugoli (segretario cittadino del Partito Democratico, ndr). Vorrei richiamare anche l’importanza, per la logistica, di pensare alle esigenze elementari dei cittadini. Penso alla situazione di Verona Sud, di Ca’ di David, dove i Tir sfiorano le persone lungo la strada…Come è stato possibile che il Comune non sia riuscito a pianificare decentemente anche sotto il profilo urbanistico lo sviluppo della città per indirizzare i flussi di traffico? Silvano Stellini. Tenete presente che le decisioni di tante aziende sulla scelta del luogo dove insediarsi sono semplicemente economiche. Vanno dove si può e dove costa meno. Spesso lontano da svincoli autostradali o stazioni ferroviarie. Pensiamo ai capannoni: nel Veneto ce ne sono 92 mila, dei quali 20 mila vuoti. Alcuni perché le aziende sono fallite, ma molti perché il business stava nel realizzare capannoni. Abbiamo avuto così un enorme consumo di suolo ed una rete autostradale arcaica. A Verona gli ultimi interventi importanti sono stati quelli per i Mondiali di calcio del 1990. Per questo è da caldeggiare l’espansione del Quadrante Europa: anche per migliorare la viabilità urbana. Dopodiché c’è il mercato: le imprese che non fanno intermodalità non hanno interesse ad insediarsi nel Quadrante, dove i terreni costano di più, ma a Vigasio, ad Oppeano, ecc.. Maurizio Facincani (segretario provinciale del Partito Democratico, ndr). Dal dibattito mi sembra che siano emerse due criticità. La prima è che chi governa Verona non ha una idea di progettazione della città e di educazione della città. Non c’è pianificazione, non vengono indicazioni. Non si è più cercato di identificare una vocazione della città né di ragionare coinvolgendo un’area ben più vasta, almeno provinciale. Questo riflette anche una carenza progettuale a livello regionale. Ogni comune pensa per sè. Nascono così gli autodromi di Trevenzuolo, poi i centri commerciali, poi le strutture logistiche…La seconda il fatto che i territori che offrono queste possibilità sembrano non porsi il problema dei costi da sostenere per i servizi che devono garantire. Il fai da te è fallimentare. Abbiamo tante risorse individuali ma pochissimo dialogo. Infine, vorrei che l’Università di Verona concorresse organicamente a suggerire soluzioni per la città.
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