Toc toc, “C’è nessuno? Sono il Piano Folin!” / 2
E’ solo uno studio: deve diventare un vero piano urbanistico. Caleffi, Cambruzzi, Ricciuti, Zenatello: ora il pallino tocca al Comune. In gioco il futuro del centro storico, che non deve diventare una piccola Disneyland. Va aggiornato il PAT. Opportunità e rischi da discutere assieme. Cariverona e la città attendono una riposta dall’amministrazione.
Prospettiva Folin. Un’idea di Verona/1
a cura di Alberto Battaggia
Non sono mancate le luci: la frustata al sistema turistico-congressuale cittadino, il rilancio del centro storico, un pacco di investimenti in tempi di vacche magre; ma nemmeno le ombre: lo scollamento dalla pianificazione urbanistica, gli accessi difficili, l’overdose di servizi turistici,.. Nel primo servizio che abbiamo dedicato al cosiddetto “Piano Folin” sono emerse dai nostri interlocutori valutazioni contraddittorie. Abbiamo voluto riprendere e approfondire la discussione in una tavola rotonda alla quale hanno partecipato l’architetto Gian Arnaldo Caleffi, già assessore all’urbanistica del Comune di Verona; l’architetto Romualdo Cambruzzi; il professore Roberto Ricciuti, docente di Politica economica presso la nostra università; e Giovanni Zenatello, in rappresentanza, su questo argomento, dell’Associazione Albergatori di Verona.
Anche questo confronto è stato assai problematico, ma tutti hanno condiviso un’esigenza: data l’importanza della proposta e la natura istituzionale del proponente – la Fondazione Cariverona – è dovere ora dell’Amministrazione comunale, prendere in mano la proposta e guidare la discussione cittadina.
Ricordiamo, innanzitutto, cos’è il “Piano Folin”. E’ uno studio commissionato da Fondazione Cariverona al prof. Marino Folin e presentato alla fine del 2o18, per riqualificare funzionalmente sette grandi immobili di pregio, situati in centro storico, di proprietà della Fondazione Cariverona. Attraverso il cambio della destinazione d’uso, essi permetterebbero di ampliare l’offerta di servizi turistico culturali e congressuali cittadini. Nascerebbero un grande albergo dotato dei più qualificati servizi alla persona; un Centro congressi; un doppio Museo della città; verrebbero ampliate le aree dedicate alle esposizioni d’arte. Obiettivi dichiarati: rilanciare la vita economica e sociale del Centro storico e, con essa, la stessa identità cittadina; garantire redditività agli immobili, così da beneficiare, con il bilancio, gli obiettivi sociali del proprietario.
La prima domanda che vorrei rivolgervi riguarda la definizione dell’oggetto: cos’è il “Piano Folin”? Un progetto urbanistico?
Cambruzzi. Direi di no. Marino Folin non lo ha mai chiamato “piano” ma “studio”: uno studio dedicato alla valorizzazione economica dei beni della Fondazione. Non è un piano di attuazione urbanistico. Per diventarlo avrebbe bisogno di un’analisi accurata delle conseguenze che avrebbe il cambiamento della destinazione d’uso degli edifici. Ed è il Comune che deve farla, non un privato, in modo da capire come gli interessi del proponente possano conciliarsi con quelli cittadini. Quindi il problema è capire in che modo il Comune può interloquire con gli attori coinvolti e fornire delle proposte e degli indirizzi precisi sul turismo, sulle parti museali, sull’accoglienza dei residenti saltuari, sulla permanenza dei residenti, e così via.
“Questa amministrazione non ha finora inciso sulle scelte della città in maniera propositivamente forte”
Architetto Caleffi, cosa dovrebbe accadere perché lo studio di Folin si trasformi in un progetto urbanistico?
Caleffi. Secondo me questa è una manifestazione di interessi di un soggetto privato che, possedendo diversi immobili di un certo valore, legittimamente propone di valorizzarli. Il consiglio di amministrazione di Fondazione ha il dovere anche giuridico di tutelare gli interessi dell’associazione rispetto ai propri soci. Quindi mi sembra nella logica delle cose che vi sia una proposta finalizzata alla valorizzazione dei propri beni, anche se in una logica cittadina. Quello che manca è il dialogo con l’interlocutore, che deve essere il Comune di Verona, che va a mediare gli interessi da soggetto privato con quelli collettivi della città. Fino ad ora non si è sentita la sua voce. Non c’è stato né un pronunciamento, né tanto meno una consultazione. Per cui oggi noi stiamo parlando di una proposta di valorizzazione immobiliare e basta .
Secondo lei, questo atteggiamento del Comune nasce dalle emergenze di questi mesi o ha ragioni diverse?
Caleffi. Questa amministrazione non ha finora inciso sulle scelte della città in maniera propositivamente forte. E anche questa rischia di essere una delle tante occasioni perdute. Non so se esistano altre questioni, magari personali; quello che so è che l’amministrazione ha il dovere di dare risposta ad un soggetto importante della quale, peraltro, è beneficiaria degli utili. In questo momento, perciò, come ha ben detto l’architetto Cambruzzi, non siamo in presenza di alcun piano urbanistico, ma semplicemente di una proposta di un ricco possidente cittadino.
Giovanni Zenatello, lei rappresenta una parte in causa, gli albergatori: ci conferma questa assenza di confronto?
Zenatello. Sì lo confermo. In effetti non c’è stato ancora chiesto nulla ed è un po’ il rammarico che abbiamo, perché il progetto di Folin potrebbe stravolgere la realtà del centro storico da un punto di vista turistico, commerciale, residenziale, frequentativo… La nostra Associazione con Confcommercio e Federalberghi, non è stata ufficialmente sentita né dal Comune, né dalla Fondazione. Noi abbiamo dati che potrebbero essere utili per dare delle indicazioni sulla le conseguenze del cambiamento di destinazione d’uso di questi di edifici. Ci sarebbe sembrato normale che ci venisse chiesto un parere, senza alcun vincolo, per capire cosa abbiamo da dire.
“Non c’è stato ancora chiesto nulla ed è un po’ il rammarico che abbiamo, perché il progetto di Folin potrebbe stravolgere la realtà del centro storico..”…
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“Verona ha sicuramente delle potenzialità che sono stata in parte sfruttate, ma che potrebbero ancora produrre effetti notevoli”
Entriamo più nel merito. Da sempre, nella nostra città, ci si è lamentati del turismo povero, “mordi e fuggi”, che la caratterizza. Ad esempio, nel 2018, a Verona, ci sono stati 1,7 milioni di turisti e 2,5 milioni circa di pernottamenti; a Firenze, città d’arte paragonabile a Verona, nel 2019, si sono avuti 1,9 milioni di turisti e 5,3 milioni di pernottamenti. Ora il progetto intende premiare l’offerta di servizi congressuali, legati innanzitutto alle attività fieristiche, previste in espansione; e quella dei servizi turistico-culturali “di qualità”, con un nuovo albergo e più ampie aree espositive. In questo senso la proposta sembra andare incontro ad esigenze reali, non vi sembra?
Ricciuti. E’ indubbio che Verona sia una città che piace, nella quale si risiede volentieri per partecipare ad un congresso, ad un convegno, ad una riunione della fiera. In questo senso Verona ha sicuramente delle potenzialità che sono state in parte sfruttate, ma che potrebbero ancora produrre effetti notevoli. Anche a Firenze, comunque, c’è una certa insoddisfazione, da sempre, sulle caratteristiche dei flussi turistici e sullo snaturamento che questo tipo di turismo ha provocato nel centro storico. Verona ha un po’ il problema di essere in mezzo tra Venezia e Milano e questo fatto spinge ad un turismo più frettoloso. La situazione di Verona richiama un po’ quella di Siena. Quello di Folin è un progetto, interessante, di una parte che legittimamente vuole mettere a reddito queste sue proprietà. Questi interessi devono essere però contemperati con l’interesse pubblico. Per potere fare delle valutazioni occorrerebbero dei dati aggiornati. Il Comune e gli altri enti interessati da questi progetti dovrebbero Innanzitutto investire per acquisire informazioni che permetterebbero poi di valutare l’impatto dei progetti sulla città, così da alimentare un dibattito informato.
Zenatello. Ricordo che il professor Folin si è molto preoccupato di sottolineare come il nuovo albergo non sarebbe stato un albergo di lusso esclusivo; ma io vorrei far presente che in ogni caso non sarebbe certo la costruzione di un nuovo albergo dotato pure di caratteristiche particolari a modificare le caratteristiche del turismo culturale che frequenta Verona. Un cliente sceglie una città non perché ci sia un certo tipo di albergo ma perché ci sono delle occasioni che lo spingono ad andare in quella città. E’ il livello in generale della città che esprime il livello del turismo.
Una delle critiche sollevate al progetto riguarda la questione degli accessi al centro storico. Sia l’albergo che il Centro congressi sorgerebbero in piena Ztl. Cosa ne pensa arch. Cambruzzi?
Cambruzzi. Nello studio del professor Folin non ho visto dei dati che riguardino il numero di accessi previsti. Vorrei ricordare che uno dei principi dell’urbanistica riguarda i parametri che occorre rispettare nel momento in cui si procede a dei cambiamenti di destinazione d’uso. Manca uno scenario ipotizzato su quello che può succedere sulla base di questi progetto una volta realizzato. Occorrono delle analisi che possono essere commissionate solamente dall’ente pubblico, in una relazione di confronto con il proponente. Una équipe che permetta di valutare tutti gli aspetti del problema, magari ridimensionando certi obiettivi.
L’altro grande questione riguarda la disponibilità ad investire da parte di soggetti imprenditoriali: a Giovanni Zenatello chiedo, sulla base della sua esperienza, se ritiene che queste possibilità siano realistiche.
Zenatello. Mi è difficile rispondere, perché poi ognuno – ad esempio i fondi di investimento immobiliare – ragiona secondo propri criteri. Sulla base della mia esperienza posso dire, per fare un esempio, che quando ci occupammo, in commissione, della progettazione della Gran Guardia come centro congressi, uno dei primissimi punti che affrontammo fu quello dei parcheggi, essenziali per questo tipo di attività. Ora è previsto un albergo di 120 camere: quest’ultimo, perché possa economicamente sostenersi ha bisogno di almeno 50 mila presenze all’anno. Clienti che arrivano tutti con l’automobile, tanto più se si tratta di un albergo di categoria superiore. Teniamo presente che Verona è priva di metropolitana di superficie o sotterranea e di un sistema davvero efficiente di mezzi pubblici. Pensare che il cliente di questo albergo non possa arrivare davanti all’albergo con il suo mezzo è un problema. Parliamo poi di un Centro congressi con 900 posti e con altre sale sotterranee per altri 900. Vale la stessa considerazione: non li vedo dei congressisti che arrivano a piedi. Quindi allo stato attuale delle cose mi sembra che nel progetto ci siano delle incongruenze: che magari potranno essere risolte in un futuro.
Il Piano mette in discussione l’evoluzione sociale ed ecoomica del centro storico. Cosa ne pensate?
Caleffi. E’ una questione di fondo. L’amministrazione cittadina dovrebbe aprire un grande dibattito sul destino del nostro centro storico. Come in altre città, fino agli anni ’70 e ‘ 80 era ancora abitato da residenti autoctoni. Poi è cominciata una politica di terziarizzazione, che ha espulso la popolazione autoctona rendendo direzionali gran parte degli edifici. Ora questo fenomeno è scemato e le attività direzionali sono andate verso la periferia. Ed è esploso il fenomeno del turismo, che in alcune città ha assunto dimensioni tali da renderlo praticamente incompatibile con la vita normale della città stessa, come dimostra Venezia; dove i residenti sono scomparsi e le case sono spesso seconde case di stranieri. Altri accessi al centro storico per i turisti? Siamo sicuri di volere spingere ancora di più la turisticizzazione della città? Il Piano Folin in parte spinge su questo. Se è così, sappiamo che il centro storico sarà sempre meno residenziale e sempre più turistico: una piccola Disneyland. Ora è chiaro che questi effetti non possono essere imputati a chi, come la Fondazione, promuove legittimamente i propri interessi. Sono questioni di fondo che devono essere dibattute nella città indipendentemente dal Piano Folin..
“L’amministrazione cittadina dovrebbe aprire un grande dibattito sul destino del nostro centro storico…..se si spinge sul turismo il centro storico sarà una piccola Disneyland”
Zenatello: Vorrei ricordare che si parla di overturismo cioè di un eccesso di turismo. Nei centri storici della città un fenomeno che ha preoccupato moltissimo. A Verona centro ci sono più di 2600 appartamenti di locazione turistica. Un fenomeno che in Italia non è regolamentato. Nelle principali città europee la legislazione ha limitato o impedito questo fenomeno non per preservare gli interessi degli esercizi alberghieri, ma per impedire il degrado del dei centri storici con l’abbandono della residenzialità.
Caleffi. Per quanto riguarda poi l’ampliamento dell’offerta alberghiera Zenatello sa bene che esiste una clausola nel piano urbanistico della città, da alcuni anni, che impedisce la possibilità di aprire nuovi alberghi. Quindi se permettessimo la costruzione di un nuovo albergo dovremmo farlo “in variante”, sconfessando la validità della programmazione urbanistica svolta. Quindi prendere questo piano come una ricetta per la soluzione dei problemi della città è assolutamente sbagliato. Va invece preso per quello che è: una proposta di valorizzazione immobiliare che l’amministrazione comunale deve valutare per conciliarla, eventualmente, con gli interessi cittadini.
Ricciuti. Difficile rispondere ad una domanda così impegnativa. Intanto dovremmo capire che cosa comporterà dal punto di vista del Lavoro il Covid. Come inciderà, ad esempio, lo smart working sui flussi di pressione dalle e verso le città o sul tipo di attività esercitate nei centri storici? In ogni caso, a me sembra importante, in questo progetto, il tentativo di selezionare un certo tipo di turismo, congressuale, fatto di persone che rimangono più giorni e che dovrebbe produrre benefici più significativi.
“A me sembra importante, in questo progetto, il tentativo di selezionare un certo tipo di turismo”
“La sfida è proprio in mano all’amministrazione comunale“
“Occorre un’unica programmazione: ecco perché è necessario aggiornare il Piano di Assetto del Territorio”
Cosa accadrà di questa proposta? Fondazione Cariverona non è un’istituzione qualsiasi, per la nostra città, ma un punto di riferimento storico. La dirigenza attuale appare impegnata a ricostituire quelle fonti di reddito che poi riverserebbe, per statuto, sulla città stessa. Sarebbe triste che la proposta non venisse nemmeno presa in considerazione e discussa dal Comune.
Cambruzzi. La sfida è proprio in mano all’amministrazione comunale. Se il progetto non viene valutato nel suo insieme, inserendolo in un piano che regoli lo sviluppo della città, c’è la possibilità che la proprietà faccia delle operazioni sui singoli edifici, distinguendoli. Perderemmo quindi un’occasione per rigenerare il centro storico e di valutare la realizzabilità di quegli investimenti sia in termini funzionali che in termini economici.
Come dovrebbe muoversi l’amministrazione comunale?
Caleffi. Io credo che dovrebbe cominciare riponendo mano al PAT, Piano di Assetto del Territorio, che forma la programmazione territoriale della città. Quello attuale pone delle limitazioni allo sviluppo alberghiero e prevede aree destinate al direzionale che oggi non sembrano servire più. E’ vero, come ricordava Zenatello, che a Verona si sono moltiplicate le locazioni di appartamenti ad uso dei turisti, ma è anche vero che questo è avvenuto in parte anche per rimediare ai limiti alle clausole che limitano l’ampliamento dell’offerta alberghiera, tanto che molti di questi appartamenti fanno capo in realtà gli stessi alberghi. Le due cose sono collegate: bisogna rivedere il PAT. Lo stesso vale per i servizi congressuali. Si è voluto tenere la Fiera a ridosso della città, così da legare strettamente ad essa i servizi commerciali: è stata una scelta. Occorre un’unica programmazione: ecco perché è necessario aggiornare il Piano di Assetto del Territorio. Sarà anche necessario rivedere le scelte in tema di mobilità. In sostanza, quella di Cariverona è una manifestazione di interesse importante qualitativamente ed economicamente, che va esaminata in una cornice ampia. Come diceva Cambruzzi, il pallino adesso è in mano all’amministrazione comunale.
Zenatello. Noi siamo a disposizione pertanto di Fondazione Cariverona come del Comune per poter esporre le nostre riflessioni collaborare nel modo più costruttivo con entrambe le istituzioni.