La mia fabbrica senza operai
di Alberto Battaggia
Inaugurato Ice Lab, progetto d’avanguardia della nostra Università. Le frontiere dell’automazione a disposizione delle imprese 4.0. Otto milioni di finanziamento in cinque anni. Ricerca, didattica, servizi. Le fabbriche senza operai e le macchine dotate di personalità giuridica. Intervista al direttore del Dipartimento di Informatica Roberto Giacobazzi.
Probabilmente, Karl Marx aveva sempre intuito che c’era un solo modo per estirpare definitivamente le sofferenze del lavoro salariato, dell’alienazione, dello sfruttamento capitalistico: togliere gli schiavi dalle fabbriche. Abolire fisicamente la classe operaia. Un altro deciso passo in questa direzione viene da “Ice Lab”, inaugurato venerdì 18 settembre a Verona Sud. Il laboratorio è frutto di un progetto quinquennale del Dipartimento di Informatica dell’Università di Verona, iniziato nel 2018, finanziato dal Miur per un totale di otto milioni di euro, Un traguardo importante per il nostro Ateneo e per la nostra città. Merito del Dipartimento di Informatica di Univr che, lo ricordiamo, è uno dei tre in Italia – con Roma e Salerno – riconosciuti “di eccellenza” dall’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca; il migliore, in graduatoria, del Nord Italia; e quello che vanta più docenti e studenti nel Veneto.
Cosa fa Ice Lab? La parola magica è forse “digital twin”: un gemello digitale, fatto di bit e non di atomi, con il quale sperimentare ogni avventura possibile prima di svolgerla per davvero. Le imprese che vorranno investire un po’ di quattrini per automatizzare le loro linee produttive, fruendo delle agevolazioni previste dal “Piano nazionale dell’Industria 4.0”, potranno preventivamente simulare tutte le conseguenze organizzative, procedurali e finanziarie delle loro intenzioni. Non solo. Dal nuovissimo laboratorio potranno attingere le competenze di personale altamente qualificato – informatici e ingegneri informatici – per gestire e sviluppare i nuovi impianti, programmare le procedure operative dei robot installati; analizzare il flusso delle informazioni provenienti dalle reti della propria filiera, garantire una gestione industriale pienamente “4.0” degli impianti.
AUTOMAZIONE
DIGITAL TWIN
Il termine automazione nasce per identificare tutto ciò che è necessario per far funzionare una macchina (o un processo) in modo automatico, ossia senza l’intervento dell’uomo. L’automazione industriale, in particolare, sfrutta tecnologie meccaniche, elettroniche ed informatiche per il controllo dei processi produttivi industriali, governando flussi di energia, di materiali e di informazioni. Fondendo tecnologie industriali proprie dei processi di produzione e tecnologie informatiche, l’automazione si propone di consentire la gestione efficiente delle informazioni, ponendosi come branca dell’ingegneria moderna che ha per obiettivo quello di ridurre o eliminare l’intervento dell’uomo nella produzione di beni e servizi.
Un Digital Twin (“gemello digitale”) è una rappresentazione virtuale di un’entità fisica, vivente o non vivente, di una persona o di un sistema anche complesso. In campo industriale, i digital twin servono a testare e capire come si comporteranno i sistemi produttivi – e i prodotti da essi creati – una volta realizzati. Le simulazioni permettono di prevedere con esattezza sia le conseguenze tecniche, procedurali, organizzative implicate da una certa innovazione; sia i costi della stessa. Di stabilire, ad esempio, quanta forza lavoro potrà essere ridotta o quali e quante altre figure professionali sarà necessario inserire in un’azienda dopo un certo investimento; o quali conseguenze avrà sull’intero ciclo produttivo la decisione di diversificare la gamma dei prodotti. Il sistema può operare anche a livello di filiere, permettendo alle diverse aziende che le compongono di coordinare perfettamente le reciproche esigenze. Grazie ai Digital Twin, la decisione finale dell’investimento avverrà sulla base di una raffinata e realistica progettazione, in grado di ottimizzare le risorse impiegate e di minimizzare i rischi derivanti dalle variabili altrimenti imprevedibili.
Abbiamo parlato di Ice Lab con il direttore del Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Verona prof. Roberto Giacobazzi.
Partiamo dal progetto, prof. Giacobazzi: quali sono state le premesse?
Il finanziamento è nato da un bando del Ministero per progetti innovativi, riservato ai Dipartimenti di eccellenza. Occorreva presentare un organigramma, ossia una certa disponibilità di docenti stabili; e un progetto di sviluppo, sul medio lungo periodo, che prevedesse l’allestimento di una serie di laboratori, l’acquisizione di ulteriore personale docente e un ampliamento dell’offerta formativa: nel nostro caso il corso di laurea in Smart manifacturing. Oggi il Dipartimento di informatica di Verona è il più grande del Veneto. A Padova, infatti, è molto importante Ingegneria dell’informazione, che però opera più con l’elettronica e la meccanica che con l’informatica. Noi abbiamo avuto l’intuizione, tenendo conto che la nostra è una regione industriale, di pensare ad un progetto funzionale alle esigenze più avanzate di questo comparto.
Allora non è vero che in Italia le istituzioni non investono in ricerca…
E’ vero che investiamo risorse decisamente minori rispetto ad altri Paesi, in termini di percentuali sul Pil [1,4% rispetto al 3% di Germania e Francia, ndr.]. Ora la situazione potrebbe migliorare grazie al Recovery Fund, se almeno una parte di esso sarà destinato a questo scopo.
Il progetto nasce anche grazie alle relazioni che intrattenete da sempre con il mondo imprenditoriale…
Il nostro Dipartimento aveva già delle collaborazioni con svariate aziende, del veronese e non; poi al nostro interno, avevamo già diversi spin off interni [imprese derivate da laboratori di ricerca, ndr]; con questo progetto le abbiamo riunite e inserite nel laboratorio. Fondamentale è stato il rapporto con Siemens, che ha fornito l’infrastruttura.
Quali sono le funzioni del laboratorio?
Il laboratorio riunisce tre funzioni, esattamente come l’Università. La prima è quella di un laboratorio di ricerca quindi un luogo dove si fa ricerca e si sperimenta. Nel nostro caso, una linea di produzione manifatturiera, dal magazzino fino al packaging dell’oggetto, totalmente priva di persone, di operai: dietro di essa c’è solo l’informatico o l’ingegnere, che programmano l’oggetto. L’oggetto è completamente riconfigurabile. La linea di produzione può produrre scarpe come sedie, qualsiasi cosa.
La seconda funzione è quella della didattica, grazie alla quale gli studenti imparano a gestire una linea di produzione manifatturiera completamente automatizzata.
La terza è uno show room. Un luogo dove si mostra alle aziende quali siano le problematiche legate alla automazione di processi produttivi. Un’azienda può venire a sperimentare come possa funzionare una linea di produzione di questo tipo, quale che sia il settore merceologico al quale appartiene.
Si tratta di un nuovo modello generale di organizzazione del lavoro…
Sì, un nuovo modello, estremo, nel quale la sottrazione del lavoro umano operaio è spinta al massimo. E’ tutto robotizzato, design compreso, tanto che stiamo ipotizzando una collaborazione con l’Accademia Cignaroli per la cura anche di quest’ultimo aspetto. L’oggetto, che non esiste, viene progettato, il robot prende la plastica o il metallo necessari per crearlo, lo posiziona nel luogo adatto, una stampante sottrattiva (un tornio) o additiva (3d) lo elabora, viene sviluppato un eventuale apparato elettronico e così via, fino a quando l’oggetto non viene impacchettato. Questa visione unitaria, olistica, del nostro laboratorio lo distingue dalle poche altre esperienze di questo tipo presenti in Italia.
Quindi offrirete i vostri servizi alle aziende 4.0?
Certo. Abbiamo intanto abbiamo le nostre start up – ne abbiamo più di una decina – che potranno utilizzare questa struttura; mentre le aziende esterne potranno venire da noi a commissionare attività per conto terzi. E’ un’attività per noi consueta quella di produrre prototipi o ricerche o anche gadget, grazie alla quale acquisiamo risorse per le nostre attività di Dipartimento. Le imprese che vorranno approfittare delle opportunità date dalla legislazione di “Industria 4.0” potranno direttamente vedere all’opera un prototipo funzionante. E’ un’occasione importante per quelle aziende, spesso di piccola e media dimensione, che hanno meno confidenza con questi strumenti, per conoscerli ed impiegarli.
INDUSTRIA 4.0
PIANO NAZIONALE INDUSTRIA 4.0 2017-2020
Con “industria 4.0” si intende un modello di produzione e gestione aziendale caratterizzato dall’impiego massiccio di tecnologie informatiche. In particolare, si identifica “un’organizzazione basata sulla digitalizzazione di tutte le fasi dei processi produttivi” : un modello di “smart factory” (fabbrica intelligente) del futuro, nel quale l’utilizzo delle tecnologie digitali “permette di monitorare i processi fisici e assumere decisioni decentralizzate, basate su meccanismi di autoorganizzazione, orientati alla gestione efficiente delle risorse, alla flessibilità, alla produttività e alla competitività del prodotto, che generano
fruttuose sinergie tra produzione e servizi”. In sostanza, l’utilizzo di macchinari connessi al Web dal quale trarre flussi costanti di informazioni; l’ analisi sistematica delle informazioni ricavate della Rete al fine di adattare in modo flessibile la gestione del ciclo produttivo; l’impiego di tecnologie avanzate come le stampanti 3D e i robot programmati per diverse funzioni; la gestione di dati in cloud e l’analisi dei dati per rilevare debolezze e punti di forza della produzione. In Europa, la Germania è considerata uno dei paesi di avanguardia in un processo che vede coinvolti grandi gruppi industriali, poli universitari e startup tecnologiche agevolate, specialmente a livello fiscale, da legislazioni specifiche.
Ispirandosi alle analoghe iniziative dei principali Paesi europei, anche l’Italia ha sviluppato un “Piano nazionale Industria 4.0 2017-2020” che prevede una serie di misure volte a favorire, da parte delle imprese, l’adozione di modelli organizzativi propri della “Industria 4.0”. Le agevolazioni previste riguardano la possibilità di operare un “Iperammortamento” e un “Superammortamento” degli investimenti, misure cumulabili con altre agevolazioni come la “Nuova Sabatini” e il Credito di imposta per investimenti in Ricerca e Sviluppo.
Lo scopo è quello di spingere le aziende ad aumentare la spese in ricerca, sviluppo e innovazione; ad adottare “infrastrutture abilitanti” alla digitalizzazione dell’impresa, come l’adozione di connessioni efficienti e sicure alla rete; a definire standard di interoperabilità internazionali; a creare competenze e svolgere attività di ricerca mediante percorsi formativi ad hoc. Si tratta in sostanza di adottare un paradigma di gestione completamente nuovo, adeguato agli imperativi tecnologici della concorrenza sul mercato globale.
Quale atteggiamento rilevate nel mondo imprenditoriale locale?
Quella veronese è un’industria piuttosto tradizionalista: per ora constatiamo molta curiosità, ma non molto di più; i nostri interlocutori si collocano a livello nazionale.
Gli scenari che descrive sono affascinanti. Ma che fine farà il lavoro operaio? Sembra che le previsioni dei prossimi anni, per l’Italia, vedano uno squilibrio di posti di lavoro di 3 milioni
Questo è un problema sociale grave che occorrerà affrontare. Gli operai tradizionali, nel senso che attribuiamo tradizionalmente a questo termine, non ci saranno più. Diventerannoi, sostanzialmente, degli informatici o quanto meno degli operai dotati di competenze informatiche. Dei quadri, in realtà. Ma saranno molti di meno. Nelle nostre società la tendenza alla sostituzione del lavoro umano con le macchine è in parte compensata dal calo demografico. D’altra parte se il nostro Paese intende ancora confrontarsi con i grandi mercati internazionali dei prodotti di massa, come ha saputo fare in passato, non potrà esimersi dall’adottare tecnologie produttive all’altezza dei tempi.
Quali altre questioni innescate dallo sviluppo delle tecnologie digitali dovremo affrontare?
L’informatica è destinata a destabilizzare il modo di funzionare della società a cui siamo abituati; e anche il modo di ragionare su di essa. Per questo stiamo cercando di inserire Information Technology in più o meno tutti i corsi di laurea, perché è giusto che il filosofo, l’economista, il giurista se ne occupino, pure se a partire dalla loro prospettiva disciplinare. Ad esempio, si dovrà provvedere a riconoscere figura giuridica alle macchine.
In che senso?
La macchina diventa sempre più indipendente, comincerà a ragionare in un certo modo, acquisirà dei dati sulla base della propria esperienza nel contesto in cui è stata inserita, al di là di quelli sui quali è stata inizialmente programmata. La responsabilità verso un algoritmo inserito in certe condizioni di funzionamento fa scivolare la responsabilità dal produttore al contesto operativo. Tale contesto va allora definito anche giuridicamente.
Noi stiamo lentamente cercando di inserire l’informatica più o meno in tutti così di laurea, nel tentativo di caratterizzare l’Ateneo veronese per questa considerazione alla cultura informatica.