Filobus, tramvia o bus elettrici? Un falso problema
di Luciano Butti
Abstract. Bisogna prendere atto che i lavori per il filobus, a Verona, sono iniziati. Puntiamo a ottimizzarne le prestazioni e minimizzarne gli inconvenienti. Potrebbe essere utile, come accade nelle città del Nord Europa, scoraggiare drasticamente il traffico privato per velocizzare quello pubblico. Oppure ricorrere, come a Milano, a politiche di ‘congestion charge’. Verona è lontanissima dalle politiche della mobilità pubblica efficaci, basti pensare ai migliaia di permessi concessi per i parcheggi in centro storico e in aree limitrofe.
Va bene il filobus o sarebbe andata meglio la tramvia? Oppure nessuno dei due, troppi cantieri in entrambi i casi? Non sarebbero più adatti i nuovi autobus elettrici che si ricaricano al capolinea, senza bisogno di ‘tiracche’? O tanti piccoli minibus, sempre elettrici, che colleghino il centro con la circonvallazione, a sua volta servita da una linea ‘circolare’?
Questo il dibattito sulla mobilità urbana attualmente in corso a Verona. Un dibattito così incentrato non tiene adeguatamente conto, a mio avviso, di due elementi fondamentali, derivanti dall’osservazione della realtà.
I cantieri sono partiti
Il primo è che i lavori per la filovia sono partiti. Io avrei preferito un sistema diverso, l’ho scritto più volte e da diversi anni. Ma ora i lavori sono partiti, con un importante finanziamento. Pensare di cambiare radicalmente in corsa il tipo di trasporto pubblico di massa non è oggi realistico. Occorre dunque fare il possibile affinché la filovia riduca i propri inconvenienti (sia durante il cantiere, che in esercizio) e massimizzi le opportunità, anche integrandosi con altre forme di trasporto pubblico ancora da progettare. Fra queste ultime, e prima di tutte, va menzionato il collegamento ferroviario fra stazioni e aeroporto, che è incredibile sia ancora nel libro dei sogni.
La strozzatura del traffico privato
Il secondo dato di realtà, di cui nessuno sembra tener conto a sufficienza, riguarda il requisito indispensabile per il funzionamento ottimale di qualsiasi tipo di trasporto pubblico di superficie in una città come Verona. Che si tratti di filovia, tramvia o bus elettrici, perché le persone utilizzino in massa il trasporto pubblico, il mezzo deve essere rapido e quindi ‘smart’. Ora, la rapidità di un mezzo di superficie non deriva solo dalle sue caratteristiche tecniche, ma anche e soprattutto dalla concentrazione di traffico privato con cui esso deve fare i conti. Non ci possono essere corsie riservate a sufficienza, se il traffico di auto è eccessivo. E dove non ci sono corsie riservate, i rallentamenti sono intollerabili se il traffico privato è eccessivo.
Può darsi che a Verona servano nuove arterie. Sta al riguardo ripartendo il dibattito su una eventuale circonvallazione nord diversa da quelle progettate in passato, e ce ne occuperemo fra qualche tempo. E tuttavia quasi mai nuove arterie risolvono il problema della congestione nel suo complesso. Possono migliorare la situazione in un punto specifico, ma non riducono il traffico nel complesso. Anzi, molte volte aumentano il numero totale delle auto circolanti. E allora?
Il modello Maastricht
Allora l’unica possibile soluzione è quella già praticata con successo nelle città del Nord Europa simili a Verona. Città come Utrecht, Amsterdam, Oslo. Insomma, le città del Nord vero, non quello da cartolina celtica caro alla Lega. Contestualmente all’introduzione di novità importanti per il trasporto pubblico, si introducono (lo stesso giorno!) nuove politiche sul parcheggio che scoraggino l’uso dell’auto privata in città. Non nuovi divieti o estensioni della ZTL. Semplicemente, il parcheggio di superficie nelle aree centrali deve divenire nel tempo pressoché impossibile per i non residenti. Questo induce le persone a cercare alternative all’auto. Quando ciò non è possibile, restano i parcheggi sotterranei. Se tutto ciò non è sufficiente, si può pensare anche a politiche di ‘congestion charge’ (come nell’area C milanese), che introducano un costo per l’uso dell’auto in centro. Non sarebbe qualcosa diretto contro le persone economicamente meno fortunate. Al contrario, ciò faciliterebbe la mobilità di queste persone, proprio quelle che maggiormente utilizzano il trasporto pubblico. Faciliterebbe questa mobilità perché renderebbe il servizio pubblico più veloce e perché consentirebbe di raccogliere risorse economiche da utilizzare per migliorare ulteriormente i mezzi pubblici, nonché la qualità ed estensione delle piste ciclabili.
Verona lontana dai modelli nordeuropei
Per capire quanto Verona sia lontana dalle politiche di mobilità descritte, tipiche delle città ben organizzate del Nord Europa, è sufficiente dare un’occhiata ai siti di Comune e AMT, nella parte relativa ai permessi di parcheggio. Stiamo parlando di decine di migliaia di permessi grazie i quali, per svariate ragioni, il detentore può parcheggiare liberamente in alcune aree centrali o semicentrali, senza nemmeno pagare la tariffa oraria. A Verona un permesso di parcheggio non si nega quasi a nessuno.
Pensate che persino ciascuno delle migliaia di titolari di una locazione turistica in aree come Veronetta, Cittadella, Borgo Trento e altre ha diritto a un permesso permanente di parcheggio, che può di fatto utilizzare come vuole. Se si vogliono incentivare i turisti a venire in città con l’auto, questo è decisamente il sistema. Mentre, quando il turista arriva in treno o aereo, il permesso rimane a disposizione del titolare della locazione. Se un marziano venisse in città, e gli spiegassimo che Verona, assediata dal traffico, adotta queste politiche di parcheggio, ci prenderebbe per matti.
La politica veronese, lo so, di tutto questo non vuol sentir parlare. Eppure la riduzione della pressione delle auto private sulla città è la sola prospettiva moderna e di buon senso per migliorare, nello stesso tempo, la mobilità dei veronesi e la qualità dell’aria in città.
Assolutamente d’accordo. È veramente mortificante vedere la non volontà dei nostri amministratori di prendere in mano la gestione degli accessi alla ZTL al fine di decongestionare innanzitutto quest’area decidendone la chiusura ai mezzi privati tout-court a parte i residenti. E pensare che dove le aree sono state chiuse i commercianti ne hanno grandemente beneficiato, come in via Stella.
Quarant’anni fa ho visitato Friburgo ed ho scoperto che il centro era chiuso al traffico, non potevano accedere nemmeno le bici! E in quell’area si trovavano i negozi più ambiti ed i locali più frequentati.